BMW M1 - 30 anos de Inovação!

Marco Pestana

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BMW M1

Quando nell’autunno del 1978 si aprirono i cancelli del 64° Salone di Parigi, molti appassionati di auto sportive non avevano che una destinazione – lo stand della BMW Motorsport GmbH. Lì potevano ammirare un nuovo modello super ribassato ed estremamente dinamico che dimostrava chiaramente già dal primo sguardo di essere la più veloce auto sportiva stradale tedesca: la BMW M1, alta 1.140 mm, potente (277 CV) e veloce (ben oltre i 260 km/h). “Tutti sono corsi intorno alla nuova auto sportiva della BMW con motore centrale – scriveva la stampa – e l’elenco degli ordini in arrivo supera le più rosee aspettative. Per esempio, un appassionato americano di BMW ne ha già ordinati tre esemplari”. Era qualcosa di impressionante, considerando che, nel 1978, la super sportiva BMW aveva un prezzo di esattamente 100.000 marchi, abbastanza per acquistare quattro BMW 323is più un paio di optional extra.

Sarebbe giusto dire che poche automobili erano attese con tanto entusiasmo ed aspettativa come la BMW M1, che rappresentava tutto il know-how della casa di Monaco in termini di sport motoristico. Il Progetto E 26, come veniva indicata internamente all’azienda l’M1 che ancora non aveva un nome, era iniziato nel 1976. Doveva essere questa la prima vettura veramente eccezionale costruita dalla BMW Motorsport GmbH, divisione sportiva della BMW fondata nel 1972. Essendosi già creata un nome sulla scena internazionale delle competizioni con la veloce BMW 2002 e con la fantastica BMW 3.0 CSI, la divisione sportiva ora intendeva portare questo successo ad un livello ancora più alto con un’auto da competizione costruita e preparata appositamente per le gare dei Gr. 4 e 5.
Secondo i regolamenti del Gr. 4 dell’epoca, per qualificarsi veniva richiesto un numero di esemplari costruiti non inferiori a 400 unità in 24 mesi, la vettura doveva avere due posti e somigliare esternamente alla versione di serie. Così fu ben chiaro che l’E26 doveva essere non soltanto una vera auto da corsa, ma anche un’auto sportiva stradale.

Il problema era che la BMW Motorsport GmbH non era in grado di sviluppare e costruire da sola una simile vettura. Dopotutto, questa squadra di specialisti si era concentrata fino ad allora “semplicemente” nella trasformazione di auto di serie in auto da gara, rinforzando telai e sospensioni e potenziando i motori. Nelle sue linee di progettazione, la nuova coupé doveva chiaramente evidenziare lo stile italiano così speciale. Fu costruita tenendo presente un’auto turbo con portiere ad ali di gabbiano, una concept car turbocompressa creata nel 1972 dal progettista BMW Paul Bracq. Partendo da questo studio di progetto con le sue linee arrotondate, Giorgio Giugiaro creò il profilo filante dell’M1 con le sue linee e con i suoi angoli quasi taglienti. Infatti, Bracq e Giugiaro avevano già collaborato in passato nel creare la BMW Serie 6 coupé.

Per la scelta del motore, la BMW Motorsport GmbH si era concentrata inizialmente su due concetti: studi avanzati di motori di Formula avevano, tra l’altro, portato ad un dieci cilindri denominato in codice M81, un motore a V con i suoi cilindri disposti con un angolo di 144 gradi. Modificato allo scopo, questo motore fu anche esaminato per il possibile utilizzo in un’auto sportiva da turismo. Ma poi l’équipe del Direttore della BMW Motorsport, Jochen Neerpasch, optò ben presto per un nuovo sei cilindri in linea, un concetto di motore già collaudato dalla grande esperienza che BMW aveva acquisito nelle gare con la CSI.

Dopo congetture di ogni genere da tutte le parti, nella primavera del 1977 la BMW svelò il segreto, confermando ufficialmente lo sviluppo della nuova auto super sportiva. Poi, nell’autunno dello stesso anno, BMW pubblicò le prime foto dell’M1 in versione stradale e la vettura fece quindi la sua prima apparizione in pubblico sei mesi più tardi. Insieme al presentatore televisivo Dieter Kürten, Jochen Neerpasch presentò con orgoglio la versione del Gr. 4 nei colori della Motorsport GmbH nell’ambito di un programma TV sportivo di sabato in prima serata sul Canale Due della Televisione Tedesca. E, sebbene questa macchina da corsa con il numero undici non fosse ancora pronta per gareggiare, le prime prove furono programmate per l’aprile del 1978.


Il gran giorno arrivò finalmente nell’autunno dello stesso anno ed il pubblico potè ammirare la prima E26 al Salone di Parigi. Ormai la vettura portava la designazione di modello M1, che indicava la prima auto sviluppata e costruita dalla BMW Motorsport GmbH.

Con dimensioni di 4.360 mm di lunghezza, 1.824 mm di larghezza e 1.140 mm di altezza, l’M1 evidenziava la sua genuina propensione sportiva. Infatti, quest’auto sportiva a motore centrale montava un propulsore sei cilindri in linea di 3,5 litri posto longitudinalmente davanti all’assale posteriore in grado di sviluppare una potenza massima di 277 cavalli. Denominato in codice M88, questo motore si basava sul sei cilindri di serie unito alla testata con quattro valvole per cilindro proveniente dai motori da gara della BMW CSI. All’interno di questa testata, la sezione inferiore formava la camera di combustione e di raffreddamento, mentre la metà superiore comprendeva i cuscinetti dell’albero a camme ed i bicchierini delle valvole.
La miscela aria/benzina veniva convogliata nei cilindri attraverso tre collettori di aspirazione a doppia farfalla dotati di sei farfalle singole da 46 mm e due collettori di aspirazione del diametro di 26 mm per ogni cilindro. Il sistema digitale di accensione, completamente elettronico, rifletteva anch’esso le ultime trovate in materia.

La lubrificazione mediante pompa a secco testimoniava chiaramente il DNA sportivo dell’M1, essendo la vettura in grado di raggiungere un altissimo livello di accelerazione laterale. Il carburante veniva fornito al motore da due serbatoi posti ai lati davanti all’assale posteriore di 58 litri ciascuno. La potenza veniva trasmessa dal motore attraverso un cambio ZF a cinque marce collegato al motore per mezzo di una frizione a doppio disco a secco. Il rapporto finale del differenziale prevedeva un bloccaggio del 40 percento.

Il sei cilindri si dimostrava fluido e privo di vibrazioni ad ogni regime, rimanendo docile anche alle basse velocità. Ma tutto cambiava istantaneamente non appena la lancetta raggiungeva i 5.000 giri/min. e l’M88 continuava a spingere l’M1 verso il regime massimo di 7.000 giri, facendo sì che anche i collaudatori più disincantati ne decantassero le lodi: “Una volta che le farfalle sono completamente aperte, si sente una spinta incredibile, spinta che continua ben oltre i 200 km/h. Non c’è necessità di passare in quinta marcia, per esempio, fino a 213 km/h e da quel momento si continua ad accelerare sempre più fino a raggiungere la velocità massima”. Velocità che, come fu riportato dal principale periodico automobilistico tedesco nell’autunno del 1979, era di 264,7 km/h. Anche l’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,6 secondi sembrava molto buona, cosa che non doveva sorprendere considerando il rapporto peso/potenza di 4,7 kg/CV, che facilitava non poco le prestazioni del motore da 204 kW (277 CV).
 

Anexos

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Parte II
L’M1 fu concepita e costruita per le corse fin dall’inizio con le elaborate sospensioni a doppi bracci oscillanti su ciascuna ruota, ammortizzatori a gas e due barre antirollio. Con l’eccezione della risposta, più orientata al confort, delle parti in movimento e della diversa regolazione delle molle e degli ammortizzatori, le sospensioni ed il telaio della versione stradale erano identici a quelle della versione da gara Gr. 4. Quattro dischi assicuravano una forza frenante fenomenale a qualsiasi velocità e l’assale anteriore aveva un effetto anti-beccheggio pari al 30%,, il che minimizzava i movimenti del corpo vettura anche in caso di frenata violenta. Infine, i pneumatici 205/50 VR 16 anteriori e 225/50 VR16 posteriori erano certamente, a quei tempi, molto grandi ed imponenti.
Un basso centro di gravità, ad appena 460 mm dalla superficie stradale, una carreggiata anteriore di 1.550 mm e posteriore di 1.576 mm, insieme al concetto di motore centrale che permetteva una distribuzione dei pesi di 44,1:55,9 %, rendevano l’M1 un’auto eccezionale nella curve, anche se la vettura richiedeva un pilota molto esperto quando spinta al limite. Cosa tipica per un’auto prestazionale a motore centrale con un basso livello di inerzia sul suo asse verticale, l’M1 richiedeva un veloce e potente controsterzo non appena l’accelerazione laterale superasse un limite ragionevole ed il retrotreno tendesse a scappare. Ma lo sterzo a cremagliera non servo-assistito e con un rapporto diretto di trasmissione era ottimo per questo genere di controllo. L’angolo d’incidenza ed un raggio di sterzata limitato servivano allo stesso tempo ad unire la facilità di controllo con un efficace contatto con l’asfalto assolutamente essenziali per il guidatore. Il piantone dello sterzo di sicurezza a due giunti, a sua volta, era regolabile per adattarsi al singolo pilota.
Sebbene l’M1 fosse un’auto sportiva per eccellenza, sia il pilota che il passeggero godevano di un certo livello di comodità, perché mentre le sospensioni erano rigide, la vettura assorbiva comunque le asperità della strada senza che gli occupanti ne risentissero troppo. Infatti, il guidatore ed il passeggero erano ben protetti in una struttura di acciaio rivestita di plastica rivettata ed incollata a prova di deformazione. Il bagagliaio sotto il cofano anteriore poteva contenere il bagaglio di due persone per un weekend ed era inoltre disponibile l’aria condizionata. La BMW M1 era un’auto sicura. Dato che le nuove auto sportive venivano omologate per l’intera produzione di serie (a differenza dalle omologazioni in esemplare unico), alla BMW veniva chiesto di dimostrare la sicurezza passiva dell’M1 in una serie di crash test – una precauzione che più tardi avrebbe portato beneficio a molti piloti da corsa.
Ma, mentre il pubblico ammirava la nuova auto sportiva di Monaco e le ordinazioni arrivavano una dopo l’altra, la produzione dell’M1 dovette subire un brutto contraccolpo: la Lamborghini non era in grado di assemblare la nuova auto come previsto e si dovette passare l’incarico alla Baur, la ditta di Stoccarda specializzata in carrozzerie. Così la produzione dell’M1 divenne una vera sfida, con il telaio costruito dalla Marchesi e la scocca rinforzata con fibre di vetro dalla T.I.R., entrambe nella città italiana di Modena, e con la ItalDesign, la società di Giorgio Giugiaro, che assemblava queste due unità basilari e aggiungeva le finiture interne e gli equipaggiamenti. Dopo di che, la vettura veniva trasportata a Stoccarda, dove la Baur montava tutti i sistemi ed i componenti meccanici.
Di fronte a questi ritardi e alla necessità di rielaborare i programmi, la BMW si trovò all’improvviso a corto di tempo. Dopotutto, 400 unità della nuova vettura dovevano essere costruite entro 24 mesi per poter ottenere l’omologazione per le competizioni Gr. 4. Quindi, per mettere in pista l’M1 al più presto, il Direttore della Motorsport GmbH, Jochen Neerpasch, si unì a Bernie Ecclestone e a Max Mosley per lanciare la Serie Procar che prevedeva gare subito prima della maggior parte dei Gran Premi europei di Formula 1 nella stagione 1979/80.
La grande differenza rispetto alla versione stradale era costituita dal motore della versione racing della Procar: il primo passo per le gare era di mettere a punto il classico M88 sei cilindri nel modo convenzionale, con nuovi alberi a camme, valvole maggiorate, pistoni forgiati, condotti di aspirazione ottimizzati, sistema a saracinesche al posto delle farfalle ed un sistema di carico modificato che portava la potenza a 470/490 CV. Con tale potenza, la versione Procar, che pesava appena 1.020 kg e che disponeva del rapporto di trasmissione più lungo raggiungeva una velocità massima di circa 310 km/h. Montava pneumatici Goodyear da corsa delle dimensioni 10,0/23,5 x 16 davanti e 12,5/25,0 x 16 al retrotreno che, insieme al grande spoiler posteriore, servivano a fornire il giusto grip. Alla guida di una di queste BMW M1 Gr. 4, Marc Surer girò sul Circuito del Nurburgring in appena 7’55”9.
Costruita secondo i regolamenti del Gr. 4, l’M1 non soltanto fu messa a disposizione di cinque piloti di Formula 1 in ogni gara del Trofeo Procar, ma fu anche venduta direttamente dalla fabbrica come prima auto pronta per le gare della BMW Motorsport GmbH al prezzo di 150.000 marchi. Infatti, alcuni dei più famosi team approfittarono subito di questa offerta. Schnitzer e Heidegger portarono le M1 di loro proprietà in pista, proprio come fecero Osella in Italia e Ron Dennis in Gran Bretagna.

Uno spettacolo eccezionale per gli spettatori: l’abilità del pilota era decisiva
Traendo beneficio da questo mix di BMW M1 preparate per le gare dalla Motorsport GmbH e di quelle presentate dai team privati, e con la partecipazione di grandi nomi della Formula 1 insieme a piloti ambiziosi di altre categorie, la Serie Procar divenne molto popolare. Era qui che i migliori piloti del mondo si battevano con i veterani e con i nuovi arrivati, confrontando le loro abilità con automobili praticamente identiche sotto ogni punto di vista. Il fattore cruciale, quindi, era costituito dall’abilità di guida – e fu proprio questo che attirò l’attenzione delle folle. La ricetta per il successo era stata perfettamente preparata. I cinque piloti di Formula 1 più veloci nelle sessioni di prova del venerdì si schieravano contro 15 specialisti delle auto turismo. Con le gare Procar che si correvano il sabato, i primi cinque posti sulla griglia erano destinati alle star; gli altri venivano assegnati ai piloti turismo secondo i loro tempi di prova. Tutti i piloti ed i team erano felici di partecipare alla Serie Procar, purché questo non fosse impedito da alcuni cavilli contrattuali.


La produzione dell’M1 terminò nel 1981 dopo la realizzazione di 445 unità, 399 stradali e 46 in allestimento Procar. Ma il cuore dell’M1, il sei cilindri M88 24 valvole, era lontano dal pensionamento. In particolare, era troppo potente e superiore, capace di una grande progressione. Così, nel 1984 la Motorsport GmbH diventò ancora una volta argomento da prima pagina, facendo sì che gli appassionati di auto ad elevate prestazioni si sentissero di nuovo esaltati quando la M 635 CSi coupé e l’M5 da 255 km/h riesumarono il propulsore ad elevati regimi di rotazione dell’M1.
 

Anexos

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L’M1 fu concepita e costruita per le corse fin dall’inizio con le elaborate sospensioni a doppi bracci oscillanti su ciascuna ruota, ammortizzatori a gas e due barre antirollio. Con l’eccezione della risposta, più orientata al confort, delle parti in movimento e della diversa regolazione delle molle e degli ammortizzatori, le sospensioni ed il telaio della versione stradale erano identici a quelle della versione da gara Gr. 4. Quattro dischi assicuravano una forza frenante fenomenale a qualsiasi velocità e l’assale anteriore aveva un effetto anti-beccheggio pari al 30%,, il che minimizzava i movimenti del corpo vettura anche in caso di frenata violenta. Infine, i pneumatici 205/50 VR 16 anteriori e 225/50 VR16 posteriori erano certamente, a quei tempi, molto grandi ed imponenti.
Un basso centro di gravità, ad appena 460 mm dalla superficie stradale, una carreggiata anteriore di 1.550 mm e posteriore di 1.576 mm, insieme al concetto di motore centrale che permetteva una distribuzione dei pesi di 44,1:55,9 %, rendevano l’M1 un’auto eccezionale nella curve, anche se la vettura richiedeva un pilota molto esperto quando spinta al limite. Cosa tipica per un’auto prestazionale a motore centrale con un basso livello di inerzia sul suo asse verticale, l’M1 richiedeva un veloce e potente controsterzo non appena l’accelerazione laterale superasse un limite ragionevole ed il retrotreno tendesse a scappare. Ma lo sterzo a cremagliera non servo-assistito e con un rapporto diretto di trasmissione era ottimo per questo genere di controllo. L’angolo d’incidenza ed un raggio di sterzata limitato servivano allo stesso tempo ad unire la facilità di controllo con un efficace contatto con l’asfalto assolutamente essenziali per il guidatore. Il piantone dello sterzo di sicurezza a due giunti, a sua volta, era regolabile per adattarsi al singolo pilota.
Sebbene l’M1 fosse un’auto sportiva per eccellenza, sia il pilota che il passeggero godevano di un certo livello di comodità, perché mentre le sospensioni erano rigide, la vettura assorbiva comunque le asperità della strada senza che gli occupanti ne risentissero troppo. Infatti, il guidatore ed il passeggero erano ben protetti in una struttura di acciaio rivestita di plastica rivettata ed incollata a prova di deformazione. Il bagagliaio sotto il cofano anteriore poteva contenere il bagaglio di due persone per un weekend ed era inoltre disponibile l’aria condizionata. La BMW M1 era un’auto sicura. Dato che le nuove auto sportive venivano omologate per l’intera produzione di serie (a differenza dalle omologazioni in esemplare unico), alla BMW veniva chiesto di dimostrare la sicurezza passiva dell’M1 in una serie di crash test – una precauzione che più tardi avrebbe portato beneficio a molti piloti da corsa.
Ma, mentre il pubblico ammirava la nuova auto sportiva di Monaco e le ordinazioni arrivavano una dopo l’altra, la produzione dell’M1 dovette subire un brutto contraccolpo: la Lamborghini non era in grado di assemblare la nuova auto come previsto e si dovette passare l’incarico alla Baur, la ditta di Stoccarda specializzata in carrozzerie. Così la produzione dell’M1 divenne una vera sfida, con il telaio costruito dalla Marchesi e la scocca rinforzata con fibre di vetro dalla T.I.R., entrambe nella città italiana di Modena, e con la ItalDesign, la società di Giorgio Giugiaro, che assemblava queste due unità basilari e aggiungeva le finiture interne e gli equipaggiamenti. Dopo di che, la vettura veniva trasportata a Stoccarda, dove la Baur montava tutti i sistemi ed i componenti meccanici.
Di fronte a questi ritardi e alla necessità di rielaborare i programmi, la BMW si trovò all’improvviso a corto di tempo. Dopotutto, 400 unità della nuova vettura dovevano essere costruite entro 24 mesi per poter ottenere l’omologazione per le competizioni Gr. 4. Quindi, per mettere in pista l’M1 al più presto, il Direttore della Motorsport GmbH, Jochen Neerpasch, si unì a Bernie Ecclestone e a Max Mosley per lanciare la Serie Procar che prevedeva gare subito prima della maggior parte dei Gran Premi europei di Formula 1 nella stagione 1979/80.
La grande differenza rispetto alla versione stradale era costituita dal motore della versione racing della Procar: il primo passo per le gare era di mettere a punto il classico M88 sei cilindri nel modo convenzionale, con nuovi alberi a camme, valvole maggiorate, pistoni forgiati, condotti di aspirazione ottimizzati, sistema a saracinesche al posto delle farfalle ed un sistema di carico modificato che portava la potenza a 470/490 CV. Con tale potenza, la versione Procar, che pesava appena 1.020 kg e che disponeva del rapporto di trasmissione più lungo raggiungeva una velocità massima di circa 310 km/h. Montava pneumatici Goodyear da corsa delle dimensioni 10,0/23,5 x 16 davanti e 12,5/25,0 x 16 al retrotreno che, insieme al grande spoiler posteriore, servivano a fornire il giusto grip. Alla guida di una di queste BMW M1 Gr. 4, Marc Surer girò sul Circuito del Nurburgring in appena 7’55”9.
Costruita secondo i regolamenti del Gr. 4, l’M1 non soltanto fu messa a disposizione di cinque piloti di Formula 1 in ogni gara del Trofeo Procar, ma fu anche venduta direttamente dalla fabbrica come prima auto pronta per le gare della BMW Motorsport GmbH al prezzo di 150.000 marchi. Infatti, alcuni dei più famosi team approfittarono subito di questa offerta. Schnitzer e Heidegger portarono le M1 di loro proprietà in pista, proprio come fecero Osella in Italia e Ron Dennis in Gran Bretagna.

Uno spettacolo eccezionale per gli spettatori: l’abilità del pilota era decisiva
Traendo beneficio da questo mix di BMW M1 preparate per le gare dalla Motorsport GmbH e di quelle presentate dai team privati, e con la partecipazione di grandi nomi della Formula 1 insieme a piloti ambiziosi di altre categorie, la Serie Procar divenne molto popolare. Era qui che i migliori piloti del mondo si battevano con i veterani e con i nuovi arrivati, confrontando le loro abilità con automobili praticamente identiche sotto ogni punto di vista. Il fattore cruciale, quindi, era costituito dall’abilità di guida – e fu proprio questo che attirò l’attenzione delle folle. La ricetta per il successo era stata perfettamente preparata. I cinque piloti di Formula 1 più veloci nelle sessioni di prova del venerdì si schieravano contro 15 specialisti delle auto turismo. Con le gare Procar che si correvano il sabato, i primi cinque posti sulla griglia erano destinati alle star; gli altri venivano assegnati ai piloti turismo secondo i loro tempi di prova. Tutti i piloti ed i team erano felici di partecipare alla Serie Procar, purché questo non fosse impedito da alcuni cavilli contrattuali.


La produzione dell’M1 terminò nel 1981 dopo la realizzazione di 445 unità, 399 stradali e 46 in allestimento Procar. Ma il cuore dell’M1, il sei cilindri M88 24 valvole, era lontano dal pensionamento. In particolare, era troppo potente e superiore, capace di una grande progressione. Così, nel 1984 la Motorsport GmbH diventò ancora una volta argomento da prima pagina, facendo sì che gli appassionati di auto ad elevate prestazioni si sentissero di nuovo esaltati quando la M 635 CSi coupé e l’M5 da 255 km/h riesumarono il propulsore ad elevati regimi di rotazione dell’M1.
 

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Dati Tecnici BMW M1 – modello di produzione

Motore Motore centrale sei cilindri in linea raffreddato ad acqua. Quattro valvole per ogni cilindro. Due alberi a camme in testa comandati da doppia catena
Cilindrata (cc) 3.453
Corsa (mm) 84
Alesaggio (mm) 93,4
Potenza massima (kW/CV) 204/277 a 6.500 giri/min.
Coppia massima (Nm) 330 a 5.000 giri/min.
Regime massimo di rotazione (giri/min.)
7.000
Velocità media del pistone alla massima potenza (m/sec)
17,4
Rapporto di compressione 9:1
Alimentazione carburante Sistema Kugelfischer di iniezione meccanica del carburante con tre collettori a doppia farfalla e sei farfalle, diametro 46 mm
Tipo carburante (ottani) 98
Capacità serbatoio carburante (lt) (2 x 58) 116
Lubrificazione Circuito di lubrificazione a pressione con pompa dell’olio a secco. Pompa a tripla aspirazione accanto al basamento, pompa a pressione nella coppa dell’olio


Sistema elettrico

Voltaggio batteria (V) 12
Ampere (Ah) 55
Alternatore 14 V/65 A
Accensione Sistema di accensione Magneti-Marelli privo di contatti, completamente elettronico, controllato dal volano
Candele Bosch x 4 CS


Telaio e sospensioni

Telaio Struttura di acciaio con carrozzeria in plastica
Assale anteriore Doppio braccio con attacchi alle ruote in lega leggera. Sospensioni indipendenti.
Assale posteriore Doppio braccio (inferiore trapezoidale) con attacchi alle ruote in lega leggera. Sospensioni indipendenti.
Ammortizzatori/molle Ammortizzatori a gas Bilstein. Molle concentriche regolabili.
Barra antirollio, diam. (mm) Ant. 23
Post. 19
Freni Freni a disco ventilati a pinze fisse con sistema a doppio circuito, riduttore servo assistito di frenata sull’assale posteriore
Dischi freno, diam. (mm) Ant. 300
Post. 297
Dischi freno, spessore (mm) Ant. 32
Post. 26
Superficie dischi freno (cm2) Ant. 96/ruota
Post. 69/ruota
Freno a mano Comandato meccanicamente, agisce su pinze indipendenti sull’assale posteriore
Sterzo Sterzo a cremagliera, colonna a due giunti regolabile in lunghezza
Volante, diam. (mm) 360
Ruote Ruote in lega leggera
Ant. 7” x 16”
Post. 8” x 16”
Pneumatici Pirelli P7
Ant. 205/55 VR 16
Post. 225/50 VR 16


Trasmissione

Frizione Frizione F + S a doppio disco a secco comandato idraulicamente
Scatola del cambio Cambio manuale ZF a cinque marce con rapporto finale integrato.
Rapporti di trasmissione, cambio manuale:
1a 2,42
2a 1,61
3a 1,14
4a 0,846
5a 0,704
Retromarcia 2.86
Rapporto finale 4,22

Dimensioni (mm)

Passo 2.560
Carreggiata ant. 1.550
Carreggiata post. 1.576
Lunghezza 4.360
Larghezza 1.824
Altezza, scarica 1.140
Altezza da terra, carica 125
Diametro di sterzata 13.000

Fonte: Automobilismo d`Epoca - Itália
 

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